Logistica 4.0 prima puntata: il trasporto marittimo

Il settore logistico terrestre e marino è un ambito fondamentale che assieme alla ricerca, al miglioramento dei flussi produttivi e alla connettività spinge lo sviluppo industriale. L’attuale situazione e il suo futuro presentano diverse problematiche ma anche nuovi progetti e innovazioni. Sono tanti i temi caldi da affrontare: i valichi alpini, l’implementazione delle aree portuali, la riorganizzazione del sistema di trasporto, i conflitti del trasporto gomma-ferro. Nel pieno della transizione verso l’industria del futuro, l’aspetto produttivo e tecnologico è l’ambito dove ci si sta concentrando maggiormente. Il trasporto rappresenta però tutto ciò che avviene dopo la produzione e molto spesso una logistica non efficiente tende a fare da freno allo sviluppo dell’industria.

La situazione odierna del settore in Italia

Il sistema logistico odierno sta mostrando tutti i suoi limiti strutturali, poiché ha subito poche implementazioni nel corso dei decenni. Le risorse economiche poi non sempre sono disponibili e non si può nemmeno auspicare che le medesime siano messe a disposizione soltanto da aziende private. Oltretutto le normative italiane spesso non facilitano le cose. È imperativo accelerare l’implementazione delle infrastrutture così come la costruzione di nuove aree logistiche. Il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica ha stabilito gli obiettivi strategici fino al 2030, e l’Italia dovrà non solo essere pronta per quella data ma già ampiamente funzionante e collaudata. Gli interventi da compiere riguardano qualsiasi infrastruttura dedicata alla movimentazione e coinvolgono vaste aree, ma il percorso verso il raggiungimento degli obiettivi è tutt’altro che facile; iniziamo con l’analisi della situazione odierna suddivisa nei tre settori.

Il mare: uno sguardo alle aree portuali italiane

Lo scorso anno è stata varata la nave porta container più grande al mondo con una capacità di carico di 24000 TEU (acronimo di Twenty feet Equivalent Unit = 1 container da 35 metri cubi). Il carico di una nave del genere richiede numerosi treni per lo spostamento via terra, ancora di più se si tratta di mezzi pesanti su gomma, senza calcolare i tempi di carico e scarico della nave. Tanto per dare un’idea di quanto sia cresciuto il flusso del traffico merci in 50 anni: un tempo il carico di una nave equivaleva a 10-12 treni mentre oggi siamo a quasi 300 convogli! Le problematiche dei porti italiani che ogni anno movimentano oltre 500 milioni di tonnellate di merci, iniziano con la mancanza di spazio: le aree attuali dei principali scali navali come Trieste, Genova, Livorno, La Spezia e Gioia Tauro risultano oramai insufficienti. Purtroppo, quando si deve far fronte all’accoglienza di navi lunghe 400 metri e larghe 60, le quali rappresentano il mezzo di trasporto marino di ultimissima generazione, diventa difficile destreggiarsi avvalendosi di strutture che non hanno subito aggiornamenti tecnici da almeno cinquant’anni. Navi di questo genere hanno bisogno di strutture capaci di movimentare almeno 8000 TEU al giorno e di fare carico/scarico di almeno 15000 TEU. Inoltre non tutti i nostri porti dispongono di fondali adeguati (oltre venti metri di profondità) per il transito e lo stazionamento delle navi più grandi, e questo non è un problema facilmente risolvibile. Se si prende in considerazione anche la conformazione geografica retrostante ai porti, ben pochi hanno la possibilità di espandere la propria area e talvolta, come nel caso di Genova, si è costretti a ricorrere all’implementazione di altri porti vicini come Vado Ligure. Tanto per fare un paragone con i porti europei, Genova ha una capacità di oltre 2,6 milioni di TEU annuali, mentre Rotterdam 11,8 milioni, più del quadruplo. Il capoluogo Ligure però non dispone di spazi logistici sufficienti alla movimentazione dei container pur avendo un deflusso di 10000 TEU al giorno suddiviso fra più di 30 treni e oltre 5000 veicoli pesanti. I porti destinati ad accogliere le mega navi porta container dovranno avere capacità di movimentazione di 8 – 10 milioni di TEU annuali con deflussi di 40000 TEU giornalieri equivalenti ad 800 treni e ben 30000 camion. I collegamenti ferroviari alle relative zone di carico e scarico portuali risultano in pochi casi adatti ad accogliere convogli della lunghezza di 750 metri e della capacità di 2000 ton. Queste mancanze hanno generato una deviazione sulle rotte di trasporto per tutte le merci che provengono da oriente: una volta attraversato il Canale di Suez, la maggior parte delle navi prosegue il viaggio fino al raggiungimento dei porti nordeuropei, anziché fermarsi nei porti del bacino mediterraneo. Ciò influisce negativamente sui costi e soprattutto sui tempi di percorrenza che così aumentano del 25% allungandosi di 5/6 giorni. Secondo la classifica LPI (Logistic Performance Index) della World Bank, che prende in considerazione più valori chiave per stabilire il livello di competitività dei porti, l’Italia è al 19° posto su 160 porti europei presi in esame. I progetti di sviluppo futuro sono molti, così come le proposte: RFI ha iniziato ad investire per implementare e rendere adatti i collegamenti ferroviari con le aree portuali, come anche vari piani per la digitalizzazione dei porti per migliorare i flussi di movimentazione. Occorrerà superare tutti gli ostacoli economici e burocratici che continuano a fare da freno. La domanda logica che tutti ci potremmo porre è: Perché le strutture sono state abbandonate per decenni e ora ci si precipita per costruirne delle nuove?

Continua…

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