Giornalismo oggi: tra etica e fake news

Il mondo dell’informazione in questo periodo si trova nell’occhio del ciclone poiché rappresenta un veicolo di grande responsabilità nei confronti di tutte le persone. Molte, troppe volte, ci si imbatte in fake news così come notizie artefatte per diventare “strumentali”. Abbiamo interpellato Ermanno Accardi, giornalista e scrittore che da addetto ai lavori è immerso ogni giorno nell’ambiente.

Ermanno, parliamo un po’ della situazione che vive oggi l’informazione: è davvero una corsa febbrile a notizie acchiappa-click? A costo di arrivare primi si favoriscono fake news e notizie faziose? Come vedi la situazione?

Che la mia professione sia fortemente cambiata lo sanno anche i bambini. I mezzi d’informazione non sono più il fiore all’occhiello degli editori (perché gli editori sono scomparsi), né il deterrente del potere economico perché è lo stesso potere economico a possederli. Restano meri strumenti di mediazione politica e di moltiplicazione del consenso popolare. E con i nuovi “padroni” (imprenditori, finanzieri e banchieri) è arrivata anche una nuova concezione: “Un’industria come le altre, un prodotto da vendere”. Quindi, si tende alle produzioni di scala, al gigantismo, agli accorpamenti, al sensazionalismo e soprattutto alla velocità. Perché è sempre più importante arrivare primi, senza curarsi troppo della verità. È cambiata la selezione dei giornalisti, si prendono sempre più giovani e sempre meno bravi e con poca personalità, più facilmente gestibili. Si allarga a macchia d’olio l’autocensura, la concorrenza (cinica, rabbiosa e aggressiva) costringe a un giornalismo così spettacolare e onnivoro che passa molto facilmente la disinformazione, la falsa notizia verosimile. Ma allora, direte voi, il giornalismo di opinione, d’inchiesta e di libera informazione è finito? No. Il perpetuare le buone cose sta all’impegno di ognuno di noi. Ma i padroni (chiamiamoli con il loro nome, che non passa di moda) devono imparare a convivere con una funzione che non può essere soltanto economica e che deve consentire la libera circolazione delle idee. Devono imparare a rispettare l’opinione pubblica. Devono imparare a rispettare la dignità personale e professionale dei giornalisti, quelli non asserviti al loro potere. Devono. In un modo o nell’altro…

Hai per caso percepito un netto cambiamento dei media da febbraio? Secondo te, come e quali trasformazioni potranno esserci in futuro da parte degli organi di informazione? Pensi che la grande quantità di notizie disponibili rappresenti uno spunto per cambiare (in meglio) la professione di giornalista?

No, la falsariga è sempre quella. Cambia soltanto la notizia, sensazionale e clamorosa come l’Emergenza Corona-virus, ma l’approccio è lo stesso. Il giornalismo è una professione intellettuale perché implica un’interpretazione colta della realtà. Oggi, invece, viene purtroppo confusa con lo spettacolo, minandone così la credibilità e accentuandone il declino in cambio di qualche spicciolo, sia in denaro che di fama. Stiamo assistendo, di conseguenza, salvo rare e lodevolissime eccezioni, ad un appiattimento dell’informazione. Un appiattimento che quasi sempre sfocia in un’inespressiva, ma davvero pericolosa, informazione inquinata, un’informazione tossica. Il termine “appiattimento” è un po’ fastidioso e molto preoccupante. Ha in sé qualcosa di patologico, di malato. Fa pensare che si continui a produrre notizie in quantità industriale, ma tutte uguali, tutte somiglianti, tutte, nessuna esclusa, irriconoscibili e peggio che peggio spesso false. E non c’è peggior cosa per un Paese democratico. Un giornalista, infatti, dovrebbe esercitare il controllo e il diritto di critica soprattutto nei confronti dell’operato del governo, non tanto dell’opposizione. E questo indipendentemente da chi abbia nelle mani il bastone del comando, che sia gradito o meno. Sempre più spesso la nostra informazione è infarcita di imprecisioni e dati sbagliati. Un tempo questo succedeva più raramente, ma ora gli editori, per risparmiare, hanno eliminato, a colpi di prepensionamenti, le quote redazionali più anziane, ossia i giornalisti più esperti e professionalmente più preparati. Oggi vedo colleghi vestire la maglia della squadra, cioè del giornale o della tv per cui fanno il tifo, e genuflettersi davanti ai padroni politici di riferimento e ai dirigenti di quelle aziende editoriali e televisive. Battere le mani al loro passaggio e ridere delle loro battute. Ma poi parlare male di questi, soprattutto quando il loro prodigarsi, proporsi, essere perennemente disponibili, fino a calpestare la propria dignità personale e professionale, non produce gli effetti desiderati, quando vengono usati e poi non gratificati da alcun gesto di apprezzamento, nemmeno da un “grazie”. Diventare rabbiosi, con gli occhi lucidi e i pugni stretti, con il nodo in gola, come amanti non corrisposti. E quindi, in conclusione, quale sarà il futuro di un giornalismo del genere? Quello che per certi versi è sempre stato: articoli e servizi che le persone vogliono leggere e sentire. E che i nuovi vecchi-nuovi padroni dell’informazione e i loro fidi scudieri offrono a piene mani. I primi, a differenza dei secondi, anche con le tasche piene di soldi…

Ermanno, tu che sei anche papà cosa ti aspetti dal futuro, del dopo, alla fine di questa esperienza, sarà una società diversa? Pensi che la tua Milano sarà ancora Meravigliosa, oppure la troverai completamente cambiata, più virtuale?

Non lo so, è difficile dirlo e non ho la sfera di cristallo. Certo, da quando sono diventato padre alla mia veneranda età di una bambina che oggi ha due anni e mezzo i pensieri, le preoccupazioni e le angosce sono aumentate, al di là del mio ormai inguaribile ottimismo e del mio grande amore per la vita. Posso solo sperare e dare il mio piccolo contributo. Riguardo a Milano, mi viene da dire che anche a causa della drammatica situazione che stiamo vivendo la mia amata e per me sempre “meravigliosa” Milano farà molta fatica a continuare sui ritmi degli ultimi anni se il resto del Paese non saprà ritrovare una strada per lo sviluppo, una visione strategica. Milano, certamente, farà la sua parte, come sempre. E del resto ancora oggi, “In un’Italia che sta sprofondando nella recessione, rappresenta un’eccezione perché è l’unica città che attrae ancora investimenti.  Da parte sua, però, Milano deve ridare una chance alla classe media e alle partite Iva, quelle maggiormente colpite dalla crisi economica che morde sempre e oggi, se possibile, ancora di più. I periodi più fecondi della sua Storia recente, soprattutto, coincidono con la forza e la vitalità della borghesia e della piccola imprenditoria, non solo con quella dei grandi industriali milanesi, che tanto lavoro e opportunità hanno comunque sempre offerto”.

Ma non ci vuoi raccontare di più sul tuo progetto Milano Meravigliosa?

“È cominciato tutto sette anni fa, quando l’editore romano Stefano Giovinazzo (Edizioni della Sera) mi ha telefonato per propormi di scrivere un libro su Milano, incrociando la mia storia personale con quella della città. Dapprima ho pensato a uno scherzo: ma come, un editore romano che chiede a un siciliano di parlare di questa città? Poi, rassicurato sulla serietà della proposta, ho accettato con entusiasmo e dopo un discreto successo del libro (“Milano Meravigliosa”, appunto), presentato nel corso di interessanti, divertenti, emozionanti e commoventi serate-spettacolo, la mia “Milano Meravigliosa” è uscita dalle pagine di carta per raccontarsi nel corso di eventi tratti dai singoli racconti dell’opera. E poi ancora è diventata un marchio registrato, una pagina Facebook e infine anche un blog, un nuovo spazio di informazione e libera espressione dedicato al capoluogo lombardo e al suo respiro internazionale, con alcune sezioni specifiche rivolte ai molteplici aspetti della mia città, che pensa e agisce da secoli, ormai, prima di tutto il resto d’Italia. E’ un blog sempre in divenire, sempre in aggiornamento, sempre in movimento, proprio come Milano. E chi vorrà condividere con me e i miei partner questa nuova avventura e lo sviluppo del marchio può contattarmi. Nel frattempo, infatti, intorno al marchio Milano Meravigliosa si è formato e si sta allargando sempre di più un network di professionalità, che comprende imprenditori, editori, direttori commerciali, esperti di relazioni pubbliche, giornalisti e scrittori, che lavorano a nuovi progetti editoriali e di comunicazione milanesi”.

 

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